domenica 21 febbraio 2010

Lettera immaginaria a Marco Travaglio

Caro Marco


Negli ultimi mesi si è cercato in tutti i modi di impedirti di lavorare con serenità sfoderando con fantasia e impegno situazioni che potessero farti perdere la calma e mettere in discussione la tua credibiltà. Penso alla storia del contratto di Annozero,all'accusa di essere mandante morale di Tartaglia , allo stesso modo il continuo richiamo alla faccenda delle vacanze e della fedina penale, fino alla becera storiella della velina .

Ho avuto ieri in una mano la prima pagina del Giornale e nell'altra quella del Fatto e sinceramente non so quale delle due mi abbia più sconcertato. Tu sei un bravo giornalista , e anche se io non sono certo nella posizione di giudicare il tuo lavoro mi basta sapere che di quelle virgole, di quei toni sarcastici, della fondatezza di quelle informazioni e quei libri io mi fido.

Ma putroppo sei un bravo giornalista in un contesto in cui l'informazione è diventato spettacolo, e anche tu rischi di diventare altro. Nelle precendenti puntate di Annozero, non ultima quella di Giovedi , che ho rivisto in differita,perchè ero al Quirino ,hai spesso dovuto spendere il tuo tempo più a difenderti che a comunicare. Per questo con grande rammarico credo che se questo ruolo mette in discussione la tua dignità prima di persona e poi di professionista , hai il dovere di tutelarti con gli strumenti che ritieni più necessari.

Quella sera al Quirino quando dicesti " credo di dovermi allontanare per un pò dalla televisione" mi si è gelato il sangue e non credo di essere stata l'unica ; tuttavia ti esprimo tutta la mia solidarietà e il mio sostegno con la certezza che non è un programma a fare di te un professionista ,ma il contrario., per questo in tutte le forme in cui riterrai di volerti esprimere per chi ko vorrà saprà sempre nuova occasione per essere informati. Visto che è questo ciò che conta.

Con stima profonda

Sara Moscatelli

3 commenti:

  1. "Tu sei un bravo giornalista , e anche se io non sono certo nella posizione di giudicare il tuo lavoro mi basta sapere che di quelle virgole, di quei toni sarcastici, della fondatezza di quelle informazioni e quei libri io mi fido."

    Da wikipedia, voce "Marco Travaglio":

    * Nel 2000 è stato condannato in sede civile,[32][33] dopo essere stato citato in giudizio da Cesare Previti a causa di un articolo sull'Indipendente, al risarcimento del danno quantificato in 79 milioni di lire.[34][35]

    * Il 4 giugno 2004 è stato condannato dal Tribunale di Roma in sede civile a un totale di 85.000 euro (più 31.000 euro di spese processuali) per un errore di omonimia contenuto nel libro «La Repubblica delle banane» scritto assieme a Peter Gomez e pubblicato nel 2001. In esso, a pagina 537, si descriveva «Fallica Giuseppe detto Pippo, neo deputato Forza Italia in Sicilia», «Commerciante palermitano, braccio destro di Gianfranco Miccicché... condannato dal Tribunale di Milano a 15 mesi per false fatture di Publitalia. E subito promosso deputato nel collegio di Palermo Settecannoli». L'errore era poi stato trasposto anche su L'Espresso, il Venerdì di Repubblica e La Rinascita della Sinistra, per cui la condanna in solido, oltreché la Editori Riuniti, è stata estesa anche al gruppo Editoriale L’Espresso. [36]

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  2. * Il 5 aprile 2005 è stato condannato dal Tribunale di Roma in sede civile, assieme all'allora direttore dell'Unità Furio Colombo, al pagamento di 12.000 euro più 4.000 di spese processuali a Fedele Confalonieri (Mediaset) dopo averne associato il nome ad alcune indagini per ricettazione e riciclaggio, reati per i quali, invece, non era risultato inquisito. [37]

    * Il 20 febbraio 2008 il Tribunale di Torino in sede civile lo ha condannato a risarcire Fedele Confalonieri e Mediaset con 26.000 euro, a causa dell'articolo "Piazzale Loreto? Magari"[38] pubblicato nella rubrica Uliwood Party su l'Unità il 16 luglio 2006.[39] La sentenza è di primo grado e Travaglio ha dichiarato di stare preparando l'appello.[40]

    * Nel giugno 2008 è stato condannato dal Tribunale di Roma in sede civile, assieme al direttore dell'Unità Antonio Padellaro e a Nuova Iniziativa Editoriale, al pagamento di 12.000 euro più 6.000 di spese processuali per aver descritto la giornalista del TG1 Susanna Petruni come personaggio servile verso il potere e parziale nei suoi resoconti politici: «La pubblicazione», si leggeva nella sentenza, «difetta del requisito della continenza espressiva e pertanto ha contenuto diffamatorio». [41]

    * Nel gennaio 2010 la Corte d'Appello penale di Roma lo ha condannato a 1000 euro di multa per il reato di diffamazione aggravato dall'uso del mezzo della stampa, ai danni di Cesare Previti[42]. Il reato, secondo il giudice monocratico, sarebbe stato commesso mediante l'articolo Patto scellerato tra mafia e Forza Italia pubblicato sull'Espresso il 3 ottobre 2002.[43] La sentenza d'appello riforma la condanna dell'ottobre 2009 in primo grado inflitta al giornalista ad 8 mesi di reclusione e 100 euro di multa[44]. In sede civile, a causa del predetto reato, Travaglio era stato condannato in primo grado, in solido con l'allora direttore della rivista Daniela Hamaui, al pagamento di 20.000 euro a titolo di risarcimento del danno in favore della vittima del reato, Cesare Previti[45].

    * Il 28 aprile 2009 è stato condannato in primo grado dal Tribunale penale di Roma per il reato di diffamazione ai danni dell'allora direttore di Raiuno, Fabrizio Del Noce, perpetrato mediante un articolo pubblicato su L'Unità dell'11 maggio 2007.[46][47]

    * Il 21 ottobre 2009 è stato condannato in Cassazione (Terza sezione civile, sentenza 22190) al risarcimento di 5.000 euro nei confronti del giudice Filippo Verde che era stato definito "più volte inquisito e condannato" nel libro Il manuale del perfetto inquisito, affermazioni giudicate diffamatorie dalla Corte in quanto riferite "in maniera incompleta e sostanzialmente alterata" visto il "mancato riferimento alla sentenza di prescrizione o, comunque, la mancata puntualizzazione del carattere non definitivo della sentenza di condanna, suscitando nel lettore l'idea che la condanna fosse definitiva (se non addirittura l'idea di una pluralità di condanne)".

    Procedimenti estinti per remissione

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